A supporto di quella che è più di una sensazione, i dati confermano che gli individui affetti da patologie psichiatriche siano in costante aumento. Sono drasticamente aumentale anche le richieste di riconoscimento della legge 104 che prevede permessi retribuiti ai lavoratori con problemi di autosufficienza a carico –  come a fotografare una società composta da persone che hanno bisogno di assistenza e che spesso non riescono a far fronte alle spese necessarie per garantire un servizio di cura di e per chi è in condizioni di fragilità.

In un periodo di precarietà (esistenziale) come questo sono aumentati anche gli accessi ai servizi di igiene mentale di diagnosi e cura di patologie psichiatriche (che brutto termine!). Le maglie della diagnosi dei disturbi psichiatrici – basato sull’approccio categoriale del DSM 5 – sembrano essersi allargate, provvedendo tempestivamente a identificare situazioni di fragilità, fattori di rischio e predisponenti dei disturbi stessi.

Inoltre all’aumentare delle diagnosi è corrisposta un’impennata delle terapie farmacologiche che, sebbene offrano una risoluzione della sintomatologia, non ne curano l’origine della sofferenza. Sempre più psicofarmaci vengono prescritti senza approfondimento della storia del paziente; basterà andare dal proprio medico di base e dire di sentirsi un po’ giù o di aver bisogno di una soluzione veloce a problemi di insonnia, per avere, con molta probabilità, l’immediata prescrizione di un sonnifero o un antidepressivo. Un’analisi approfondita dei sintomi e un ascolto del paziente, nella maggioranza dei casi, non trova spazio tra le priorità di un medico frettoloso.

C’è da chiedersi se a tutto questo progresso (in ambito scientifico e diagnostico) corrisponda un reale benessere per la società e gli individui che la abitano. La prima domanda che sorge spontanea è: “Come mai non si è riusciti ad arginare la dilagante espansione dei disturbi psichiatrici?” Io credo che lo sradicamento sociale, identitario e culturale in genere dei nostri tempi abbia incentivato la perdita di spiritualità, di valori e l’insorgere di un individualismo sfacciato.

Siamo chiamati a soddisfare, ad appagare i bisogni più superficiali dimenticandoci di nutrire e arricchire il nostro spirito. In questi tempi bui, forse, questi dati iniziali suggeriscono la necessità di comprendere l’interiorità umana nella sua parte più profonda. Dico forse per rispetto anche di chi non resiste all’irrefrenabile tentazione di sentirsi finalmente “vivo” (?) entrando in un centro commerciale.