Se il tempo che dedichiamo alle cose/persone è la misura del suo valore, qui si parla di lusso vero. Da quì la scelta di uno stacco acustico, di una di una disconnessione dall’ordinario frastornante che diventa necessità. Immergersi nella natura è un atto, spesso un privilegio che va ricercato come tutte le cose rare e illimitate. Ma per trovare il silenzio è necessario saperlo ricercare.

Il silenzio è labile e fragile, sparisce nel momento in cui viene nominato, figuriamoci quando cerchiamo di estrapolarlo in un momento di clamore chiassoso del quotidiano o dalla carrozza di un treno in corsa dove ormai tutti comunicano affannosamente ad alta voce (al telefono ovviamente). È un tempo, questo nostro, tempo inquinato dal rumore. Pare che il desiderio di distrazione abbia vinto la partita: difficile trovare un luogo in cui il silenzio non sia rotto da qualcuno che invade ferocemente il nostro bisogno di ricercarlo. E in questo frastuono assordante, diventa difficile ascoltare la parte più vera di sé, la più autentica.

Una persona nata e cresciuta in città tende a prestare attenzione a emissioni intorno ai 60 decibel e una volta abituatosi, non bada più a suoni inferiori. Un respiro, un fruscio, un bisbiglio o un cinguettio, passano inascoltati.  Quanto, allora, ci sfugge della nostra conoscenza sensibile del mondo? Forse sarebbe importante fermarsi per rieducarci all’ascolto della natura e del silenzio, perchè il silenzio rende il tempo fertile e sopratutto nostro.

Penso al silenzio della seduta psicoterapica, a come le parole lo taglino per poi lasciare spazio a disarmanti momenti di segretezza inaudibili all’orecchio – spesso più esaustivi di mille parole. Penso al non detto dopo tanto dire: un silenzio che continua a parlare.

Perché nella comunicazione è così: una parola non detta, un gesto non fatto rappresentano, comunque, un dire perché veicolano in ogni caso un messaggio. Una chiamata non fatta, un appuntamento saltato, un invito a cui non si risponde, la non partecipazione ad una riunione, sono soltanto alcuni esempi della vita quotidiana in cui il valore comunicativo del non detto fa rumore.  

Ma oggi dove la chiacchiera impera, in un contesto in cui il rumore non molla mai la presa, in cui le parole si svuotano di significato, si acuisce la nostalgia del silenzio e l’aspirazione a ritrovarlo.

Anche le parole se non ritagliate e dosate possono generare frastuono, perchè il valore della parola raggiunge il suo livello più alto quando è contenuta dal silenzio che l’accompagna. Il saper dire implica un saper tacere; un potere spesso sconosciuto di una lingua di cui dovremmo far più uso. Per questo ve lo scrivo e taccio; perché il silenzio, in fondo, è il detto di ciò che una persona sa.