La mattina del 1944, 75 anni fa, L’Europa veniva liberata dal nazismo. Ciò è stato possibile perché gli inglesi furono in grado di comporre messaggi cifrati falsi usando i codici segreti tedeschi. Ma la storia inizia in un giorno afoso del 1939 a Londra, quando Winston Churchill capisce che la guerra contro la Germania è ormai imminente. In gran segreto, si decide di mettere in piedi un controspionaggio per cercare di intercettare le comunicazioni nemiche. I tedeschi abitualmente comunicavano con due codici indecifrabili: Enigma e Lorenz. Questo sistema di crittografia aveva tre dischi rotanti con le lettere dell’alfabeto e una tastiera da dattilografia; ogni lettera digitata era sostituita con un’altra. Un giovanissimo Alan Turing, all’epoca ventottenne, viene nominato capo dei ricercatori impegnati nella decrittazione dei codici tedeschi. Turing, effettivamente, può essere considerato il padre della moderna informatica dei computer, senza il suo genio oggi nessuno avrebbe in mano un iPhone e Steve Jobs sarebbe un perfetto sconosciuto.

Ciò che però maggiormente colpisce – anche se rimane sullo sfondo – é la sua vita, per certi versi tragica almeno quanto quella di altri illustri logici-matematici: per esempio Godel, Nash ma anche lo stesso Wittgenstein (di cui scriverò più avanti). Turing era gay e della sua omosessualità si seppe in un tribunale quando fu arrestato. All’epoca in Inghilterra, che combatteva per la libertà dell’Occidente, l’omosessualità era un reato, anche tra adulti consenzienti. Se qualcuno sapeva che due persone avevano avuto un rapporto omossessuale, queste venivano arrestate e condannate. Turing era un grande matematico e un grande logico, tuttavia fece un errore tremendo. Avendo una vita privata un po’ simile a quella di Pasolini; una sera rimorchiò un ragazzo e la mattina al suo risveglio si accorse che a casa mancava il ragazzo e assieme a lui parte dei soprammobili.

Qui Turing fece il più grande errore di calcolo della sua vita; andrò alla polizia locale a denunciare il furto e quando gli chiesero se avesse un’idea di chi potesse essere il ladro, lui rivelò l’accaduto della sera precedente. Fu così che venne arrestato e poi processato, ma quando si arrivò al momento della condanna, qualcuno si accorse che quell’uomo era in realtà uno dei salvatori dell’Inghilterra che qualche anno prima aveva permesso di decifrare i codici nazisti. Come medaglia al valore gli fu fatta un’offerta, vale a dire la scelta tra la detenzione per scontare il suo reato o la cura dell’omosessualità. Un’idea sicuramente balzana oggigiorno ma all’epoca gli inglesi credevano che l’omosessualità maschile si curasse mediante ormoni femminili (un modo più fine di intendere la castrazione chimica). Il noto matematico, refrattario alla galera, decise di optare per l’opzione alternativa. Fu una scelta tragica. Turing perse la barba, i peli, e parallelamente la sua identità. Gli spuntarono i seni e cominiciò a prendere via via fattezze femminili: una trasformazione che gli fece scegliere di chiudere i conti la vita.

Come molti geni era un po’ infantile e bizzarro, adorava la storia di Biancaneve, era solito canticchiare il ritornello della canzone di Biancaneve: “Vorrei un amore tutto per me…” e fu così che scelse di togliersi la vita, come la protagonista della sua fiaba preferita. Turing iniettò un mix di cianuro e potassio in una mela e morso dopo morso fu trovato morto, compostamente disteso sul letto, dalla sua governante. (È da questa vicenda che Steve Jobs trae il simbolo per la sua celebre azienda “Apple”).

Della persona di Turing ne emerge il ritratto di un ragazzo assetato di conoscenza e di amore, un personaggio, decisamente fuori dagli schemi la cui vicenda individuale drammatica diventa il paradigma di un’epoca: l’Inghilterra degli anni ’50 in cui l’altra faccia dell’impero mondiale è costruita sulla violenza e l’intolleranza di ogni diversità. A volte i conti e la logica non tornano. Almeno nella vita.