E’ possibile tentare una riflessione dopo e durante il coronavirus? Stando ai media e ai social parrebbe di si. Eppure, a me riesce molto difficile mettere in ordine le idee. Siamo in balia dell’indecifrabile, troppa incertezza e troppe variabili rendono aleatorio lo scenario mondiale; motivo per cui non ho scritto. Nel silenzio assordante dei richiami che giungono confusi, come ad aggiungere incertezza a questo mondo, mi domando: “ma quale mondo?” Il mondo, questo, e non si sa per quanto ancora. Quello che abbiamo creduto essere solo nostro, con cui ci siamo misurati ogni giorno e dal quale siamo stati spesso oltraggiati, oltraggiandolo. Che fare allora? La soluzione non si può trovare nel rumore, non è mai nei mass media, mai sulle prime pagine dei giornali, non compare in tv. La propria soluzione si palesa nel silenzio. Ed è nel silenzio che mi è venuto di scrivere ciò che sto scrivendo.

Il filosofo Nietzsche nel diciannovesimo secolo scrisse un piccolo libro dal titolo estremamente potente: “Il crepuscolo degli idoli”, originalmente intitolato Ozio di uno psicologo, fu poi rinominato Crepuscolo degl’idoli; come si filosofa col martello. L’intento del filosofo era quello di demolire tutti gli idoli: vale a dire tutte quelle cose che pur non esistendo nella realtà influenzavano in modo forte gli uomini di allora perché venivano percepiti come reali nelle loro teste. Questi idoli erano: religione, ideologia e metafisica. Nel 21esimo secolo la demolizione di questi idoli è affettivamente avvenuta ma non è avvenuto ciò che Nietzsche auspicava, ovvero il ritorno dell’uomo a una vita in perfetta armonia con la natura. Perché questo non è avvenuto? Perché i vecchi idoli sono stati sostituiti da nuovi idoli che si chiamano consumismo, economia, tecnologia, globalizzazione, culto dell’io, benessere ozioso, soggettività e ricerca dell’immortalità a tutti i costi. Questi idoli demeriti hanno a lungo prosperato fino all’arrivo di un virus coronato che li ha fatti crollare velocemente per quanto effimeri.

C’è chi cerca di tenerli in piedi perché chi ha costruito la propria fortuna grazie a questi idoli non può di certo vederli crollare restando con le mani in mano. Ma ogni volta che si cerca di salvare qualcosa che è destinato al tracollo usando la stessa forza esercitata dalla forza distruttrice di una pandemia, quello che ne consegue è l’insurrezione di governi totalitari sulla falsa riga di una sorveglianza orwelliana. Ed è del tutto evidente che una parte della popolazione, probabilmente soffocata dalla reclusione forzata, può scegliere di non rispettare i diktat calati dall’alto ed è per questo che le leggi si fanno più severe per frenare questa emorragia mortale, attraverso multe, sanzioni e divieti.

La parola chiave del momento è stare a casa, limitare, meglio ancora isolare. Limitare gli spazi, i contatti, le libertà, i movimenti, i confini. Esattamente l’opposto della globalizzazione, della libertà come abbattimento dei limiti. E per contraccolpo, quello che stiamo vivendo oggi sono gli effetti collaterali dello sconfinamento a tutti i costi come diritto assoluto. Ma forse questo è anche il prezzo che dobbiamo pagare per vedere il crepuscolo dei nuovi idoli – di cui ho già parlato nei miei articoli precedenti. Ciò significa, probabilmente che sta per iniziare una nuova Epoca, e se poi questa sarà in stile 1984 di Orwell – ampiamente descritta nel libro “Volevo solo avere tanti like”, oppure più vicina all’armonia dell’uomo con la natura come auspicava Nietzsche, dipenderà da quanto saremo disposti a cambiare le nostre abitudini auto-centrate, ad allenare lo sguardo al di fuori del nostro piccolo “orticello”.

Al momento non vedo ancora sguardi che si posano al di fuori dei confini del proprio perimetro di certezze individualistiche. Sto parlando di quell’interesse benestante votato al proprio interesse senza scrupoli, di quell’inclinazione all’interesse egoistico, al consumismo, al divertimento e alla rimozione della nostra condizione di esseri fragili che ci ha reso tutti quanti cultori del superfluo. Pericolosa deriva di ogni tragedia collettiva che parte dal “chi vivrà, vedrà” senza sapere che, senza l’aiuto di tutti per tutti, non si salva nessuno. Quel maledetto cinismo che tarda ad eclissare è la testimonianza più alta e sofferta di una società senza più valori eterni. E’ quell’individualismo ed egocentrismo di massa che frantuma il mondo e noi le vittime di noi stessi immolate sull’altare del “successo” come conferma del proprio esserci.

Sono sempre più rari gli sguardi di dolcezza, di una dimenticata mestizia, di intolleranza verso l’ingiusto, delle delicate maniere, dell’esistenza come metafora di resistenza. Di una trasfigurata me stessa , oggi ancor più “inesperta di cose umane”.