Parlare di miracoli è un terreno minato in quanto vi è costante la possibilità di essere fraintesi e di offendere la sensibilità di chi crede; ma preciso immediatamente che non si vuole in alcun modo mettere in discussione la fede di chi crede: si cerca soltanto di analizzare il fenomeno e il loro manifestarsi dal punto di vista psicologico.

In Italia circa il 15% della popolazione italiana non è credente. Di contro ci sono migliaia di persone che credono nei miracoli: luoghi di culto come Medjugorje, di Lourdes e di Fatima attirano decine di migliaia di fedeli nel mondo sostenuti dal mito delle apparizioni. Parlare di miracoli in Italia significa riferirsi a un fenomeno che culturalmente e storicamente è per lo più cattolico che per visione si intende una comprensione immediata, chiara, diretta e sentita come indubitabile della presenza di Dio o di un fenomeno soprannaturale. Kenneth Woodward, esperto di questioni religiose, nel suo “La fabbrica dei santi” afferma che i miracoli sono sempre esistiti all’interno della tradizione religiosa o di un determinato “costrutto sociale”. Il Buddismo ad esempio riconosce le visioni del principe Siddartha e le sette ebraiche riconoscono le capacità “magiche” di guarigione di alcuni rabbi.

Oggi, alle soglie del terzo millennio, come secoli fa, la gente vuole ancora miracoli. Si pubblicano dispense dedicate alla vita dei profeti con videocassetta. I più diffusi settimanali italiani dedicano servizi a chi si dice in contatto con l’aldilà. Ogni tot si ha notizia di un nuovo veggente al quale la Madonna comunica messaggi. I miracoli classici sono un business che non conosce crisi. La frequenza di questi fenomeni, ci impedisce di negarli e dal non volerli analizzare, basti pensare a John Nash interpretato da Russell Crowe nel film Beautiful Mind. Il matematico ebbe esperienze molto simili a queste di tipo religioso, ma essendo i contenuti diversi, non di enti sacri come madonne ecc., venne diagnosticato schizofrenico. Lui stesso in un’intervista rispondendo una domanda sulle sue allucinazioni rispose. “è molto pericoloso ammettere di sentire delle voci o di avere delle visioni – a meno che si tratti di cose religiose” – perché il quel caso verrebbe preso come un fenomeno di santità. Un’affermazione che riconduce inevitabilmente a Thomas Szasz quando affermò “Se parli a Dio, stai pregando; se Dio parla a te, sei affetto da schizofrenia. Se i morti ti parlano, sei uno spiritista; se tu parli ai morti, sei uno schizofrenico”.

In realtà, psicologicamente si tratta di fenomeno dello stesso genere. Nash cosi come i tre pastorelli di Fatima o Bernardette Soubirous hanno avuto delle esperienze psichiche che naturalmente poi interpretano dal loro punto di vista. Ed in genere coloro che hanno apparizione della Madonna, di santi o diavoli sono persone con una peculiare sfondo culturale. Se pensiamo per esempio a Bernardette o ai tre pastorelli, persone che indubbiamente agiscono sullo sfondo di un ambiente intriso di religiosità, interpretano queste esperienze secondo i costrutti di senso e di significato che gli appartengono, riferendo le cose che esperiscono alle cose che già conoscono. Le cosiddette apparizioni o “allucinazioni visive” sono il nome che diamo a una certa classe di “operazioni interattive” come ad esempio il riflesso delle relazioni che intratteniamo con noi stessi, con gli altri, con il mondo. Il risultato di questo dialogo sistemico contribuisce a costruire i diversi modi di stare al mondo attraverso la lettura di ciò che esperiamo che inevitabilmente la condiziona. Nel tentativo di dare ordine, coerenza e significato di una certa esperienza, il religioso cerca di decifrarla ricorrendo allo schema interpretativo della fede utilizzando le credenze che gli appartengono capaci di dare contenuto alle sue spiegazioni. Ciò accade perché diamo vita e presenza in maniera del tutto soggettiva alle molteplici possibilità del reale e dell’immaginato. Il modo migliore per capire le esperienze dell’altro, anche se talvolta insostenibili dalla “verità oggettiva” non dipende dall’arruolamento di opposti partiti che considerano l’allucinazione religiosa “reale” e chi un “illusione”, ma considerarla un’invenzione, una sorta di finzione discorsiva di cui abbiamo bisogno, un espediente per cercare di capire ciò che ci succede ogni volta che entriamo in relazione con una porzione del mondo (A. Salvini). E dal momento che il mondo dell’altro non può sempre assumere la forma del nostro occhio per capire il mondo dell’altro bisogna assumere il suo sguardo.

Dal punto di vista tecnico medico e psicologico, con elevatissima probabilità queste persone sarebbero catalogate sotto l’egida di qualche malattia mentale come appunto la schizofrenia. Eppure, essere dei visionari non è così facile, a cominciare dall’interpretare quello che si vede. Ciò è possibile farlo in due modi: prendendo sostanze psicoattive (e non è un incitamento a farlo), oppure andando a stimolare con degli elettrodi il lobo temporale sinistro – sembrerebbe che l’esperienza visionaria che si vive sia grossomodo simile in tutti i soggetti sperimentali. Ma ce n’è un terzo modo a mio avviso più interessante che spiega la genesi del fenomeno ed è quello che sostiene le allucinazioni e/o fenomeni di possessione come culturalmente appresi. Nei culti brasiliani come ad esempio l’umbamba, se un bambino vuole diventare medium viene incoraggiato a farlo e riceve una preparazione specifica, lo stesso vale per le sacerdotesse oracolari di Delfi. Visoni celesti o di altra colorazione possono inducersi anche durante lunghi periodi di isolamento e solitudine o avvertirle in condizioni di isolamento sensoriale. Lo stesso accade anche come possibilità di risposta a traumi di separazione o di perdita (non sono isolati casi di vedovi che dichiarano di aver sentito la presenza del coniuge morto e di averci parlato).

L’esperienza della visione è senz’altro un’esperienza reale che avviene nella nostra testa (già Gesù nel vangelo diceva “il regno di Dio è dentro di voi): quando si pensa di avere un’esperienza con l‘aldilà in realtà si sta interpretando qualcosa dell’aldiquà; dentro alla nostra testa. Il caso del cristianesimo a cui noi siamo più abituati non è l’unico, per esempio il Dalai lama, capo di una religione diversa che è il buddismo tibetano, ha messo a disposizione degli scienziati, per far fare rilevazioni mediche sulle esperienze di meditazione.  A ciò si collegherebbe tutta la psico-fisiologia dell’induzione di realtà immaginate e credute vere dal nostro cervello che tanto farebbe venire voglia di scrivere di ipnosi. Di fatto ci sono molti esempi che dimostrano come individui possano allucinare visioni, suoni, odori, se viene chiesto loro di rievocare un ricordo, una musica, un profumo anche se non fattivamente presenti.

Ma torniamo ai visionari di carattere religioso e ai cosiddetti miracolati. Codesti non si trovano in psichiatria con le camicie di forza, tuttalpiù in qualche quadretto appeso nelle case di mezzo mondo. Dietro di loro infatti c’è un’istituzione, una chiesa, passano due gradi di giudizio e vengono dichiarati santi e c’è un intercesso per dei miracoli. Ma la cosa più importante da tenere in considerazione di questa fenomenologia, oggetto di studio degli psicologi più raffinati, è l’esperienza religiosa. William James nell’800 scrisse un bellissimo libro che si intitola “Le varietà dell’esperienza religiosa” che aiuta a comprendere in quanti modi si può estrinsecare un’esperienza visiva in ciò che noi definiremmo di tipo religioso.

E come la mettiamo con le guarigioni miracolose? Ci sono effettivamente dei recessi di malattie. Nash per esempio venne sottoposto a torture come il coma insulinico per guarirlo, poi a un certo punto la sua malattia è cominciata e regredire. Oggi se gli si chiede se sente ancora le voci risponde: “Ho deciso di non sentirle più” (forse per non essere sottoposto ad altre forme di repressione). Sono casi che se avulsi dal contesto religioso, potremmo chiamare guarigioni spontanee anche se spesso avvengono in concomitanza con le cure mediche a prescindere dall’attribuzione mistica-magica che si può dare alla regressione della malattia. Ne risulta un panorama di grande interesse scientifico, perché vorrebbe dire che il corpo umano ha capacità di guarigione inattese e insperate. Non sappiamo quale sia la ragione per cui alcuni sopravvivono (effetti psicosomatici, sistema immunitario, …), ma a scoprire questa ragione, sarà la scienza a farlo. Nel mio piccolo con lo sguardo curioso della psicologia.