faq disagi trattati bellini

DOMANDE E RISPOSTE

No, probabilmente se fossi pazzo non ti sarebbe neanche venuto in mente di rivolgerti ad uno psicologo. Le persone che si rivolgono ad uno psicologo sono consapevoli dei propri limiti e sanno imparare da essi. Ciò è il principale sintomo di salute mentale.

Una consulenza psicologica può esserti utile se avverti un problema che ti impedisce di vivere pienamente le tue attività e le tue relazioni. Le difficoltà possono essere legate ad un evento inaspettato, un cambiamento o, più in generale, una condizione di vita insoddisfacente.  Il disagio può manifestarsi sotto forma di depressione, ansia, attacchi di panico, difficoltà a relazionarsi con gli altri (nella coppia, nell’ambiente di lavoro, nelle amicizie, in famiglia), difficoltà a compiere scelte di vita importanti, o in molti altri modi. E’ in questi momenti che può essere utile rivolgersi allo psicologo.

Per diventare Psicologo in Italia è necessario laurearsi in Psicologia (Laurea Specialistica 3+2), sostenere un Esame di Stato a seguito di un tirocinio post-lauream di un anno e iscriversi all’Albo professionale di una regione o Provincia italiana. Senza l’iscrizione all’Albo – Sez. A – non si è Psicologi, ma soltanto dottori in Psicologia.

Lo psicologo può utilizzare “gli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità” nonché svolgere “attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.” (Art.1 Legge 56/89).

Lo Psicoterapeuta è un professionista iscritto ai rispettivi Ordini professionali che, dopo aver conseguito una laurea in psicologia o medicina e chirurgia, consegue la pratica all’esercizio della psicoterapia mediante un percorso formativo almeno quadriennale presso una delle scuole di specializzazione. Queste ultime sono legittimate da una Commissione di controllo del MUR – Ministero dell’Università e della Ricerca – ad erogare formazione specialistica.

Le scuole di specializzazione che permettono l’iscrizione all’Albo degli Psicoterapeuti sono molto diverse fra loro a seconda della tipologia di approccio e degli orientamenti teorici a cui si riferiscono (orientamento costruttivista, cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale, costruttivista, psicoanalitico…). Lo psicoterapeuta, a differenza dello psicologo, è preparato in tema di psicopatologia e utilizza specifiche tecniche terapeutiche di intervento che ha appreso durante il suo lungo corso di specializzazione.

Certifica sempre che il professionista a cui ti rivolgi sia iscritto a un albo degli psicologi regionale > BEATRICE BELLINI

Lo psicologo è un professionista laureato in Psicologia e abilitato alla professione attraverso un Esame di Stato. Dopo aver svolto un periodo di tirocinio formativo, se si è specializzato in una scuola di psicoterapia quadriennale può dirsi  anche“psicoterapeuta”.

Lo psichiatra ha un percorso differente: è laureato in Medicina ed ha conseguito una specializzazione in Psichiatria, talvolta anche in Psicoterapia.

Rispetto alla tipologia di trattamento, lo psichiatra è orientato a considerare il disagio come un malfunzionamento a livello biochimico del sistema nervoso centrale. Per questo motivo, la principale modalità di cura proposta è di tipo farmacologico. Lo psicologo è invece focalizzato sugli aspetti emotivi e sui processi cognitivi e di significato alla base del disagio. Operativamente, lo psicologo-psicoterapeuta utilizza il colloquio per sostenere la persona e riattivarne le risorse.

In sintesi, sono due prospettive e metodologie di lavoro diverse, ma con un obiettivo comune. Infatti, in alcuni casi il disagio viene affrontato in modo parallelo sia dal punto di vista psicologico, che dal punto di vista psichiatrico.

Lo psicologo è obbligato al segreto professionale (Art. 11 CDPI), fatta eccezione di  un valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. (Art. 12 CDPI). Altri casi di deroga riguardano “l’obbligo di referto o di denuncia” e qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi. (Art. 13 CDPI).

L’ipnosi purtroppo si trascina una pesante zavorra di miti. Di seguito alcune false credenze al fine di correggere le concezioni errate in merito all’esperienza ipnotica.

È vero che l’ipnosi è causata dal potere dell’ipnotista?

No. Entrare nello stato ipnotico è una scelta personale. Pertanto è impossibile costringere una persona a rilassarsi e concentrarsi. L’ipnotizzatore indirizza l’esperienza del cliente, ma solo nella misura in cui questi lo permette.

È vero che chi è ipnotizzabile ha una psiche fragile?

No. Questo equivoco si basa sulla credenza che una persona, per lasciarsi guidare dall’ipnotista, debba avere una scarsa o nulla forza di volontà. In questa concezione errata entrano in gioco le storie horror sempre di moda, in cui malefici ipnotizzatori costringono a delitti efferati persone innocenti alla loro mercè. È importante sapere che quando il soggetto sotto ipnosi manifesta comportamenti insoliti suggeriti dall’ipnotista, mantiene comunque il controllo di sé.

 È vero che una volta ipnotizzato, l’individuo non può più resistere all’ipnosi?

No. Questo fraintendimento si basa sull’idea sbagliata che l’ipnotizzatore prende il controllo della volontà del soggetto e questi, una volta che soccombe al potere dell’ipnotizzatore, ne rimane per sempre soggiogato. Non v’è nulla di più falso, poiché il processo ipnotico è un processo terapeutico desiderato da parte del soggetto.

È vero che l’ipnosi può indurre a dire o fare cose contrarie la propria volontà?

No. Il terapeuta propone suggerimenti unicamente ispirati alle migliori intenzioni, che il cliente è libero di accettare o respingere all’interno di un contesto terapeutico in cui il clinico mira a fornire aiuto e sostegno.

È vero che l’ipnosi può essere pericolosa per la salute?

L’induzione ipnotica eseguita con tutti i crismi è un processo che concentra l’attenzione, indirizzandola su un’esperienza interna. Questa esperienza può portare un rallentamento delle funzioni fisiologiche (per esempio respirazione, ritmo cardiaco…) e un rilassamento generale, ma si tratta di risposte salutari che riducono efficacemente stress e malessere.

È vero che si forma inevitabilmente una dipendenza dall’ipnotista?

No. Lo scopo finale di un trattamento corretto e responsabile è quello di aiutare il cliente a stabilire autonomia e indipendenza ogni volta che sia possibile. Anziché alimentare la dipendenza, al contrario, si incoraggia il soggetto a  rivolgersi al proprio interno per attingere a tutte le esperienze e risorse acquisite che possono essergli d’aiuto.

È vero che c’è il rischio di essere bloccati nello stato ipnotico?

No. L’ipnosi implica necessariamente un’attenzione concentrata che può essere focalizzata sia all’interno, che all’esterno. L’esperienza ipnotica è totalmente controllata dal soggetto, il quale può avviare o interrompere la seduta ipnotica in qualsiasi momento. È letteralmente impossibile restare bloccati in un’esperienza di concentrazione.

È vero che nell’ipnosi si è addormentati o in uno stato d’incoscienza?

L’ipnosi non è sonno! Osservato dall’esterno il soggetto può sembrare una persona che dorme, ma da un punto di vista mentale il soggetto è solo rilassato, consapevole e vigile. Persino nell’ipnosi profonda ci sono livelli di consapevolezza di ciò che accade in quel momento.

Beatrice Bellini

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