Nel film cult di Woody Allen, Leonard Zelig è un uomo camaleontico: cambia a seconda del contesto in cui si trova. La sua mancanza di un’identità ben precisa lo costringe ad imitare chiunque incontri – nel disperato tentativo di sentirsi riconosciuto dagli altri.

Vittima di questa strana “malattia” ancora sconosciuta, Zelig si trasforma letteralmente in funzione di chi si trova davanti. In una scena del film, essendo nelle vicinanze di un rabbino, Zelig si trasforma in esso. Poi diventa ricco in mezzo ai ricchi, povero coi poveri, nero, indiano, cinese, greco, rabbino, scozzese, francese, psichiatra, ora anche ostetrico… Nelle sue fantomatiche trasformazioni lo si vede persino accanto a Pio XI e ad Adolf Hitler, confuso nella massa che lo protegge e al contempo lo nasconde dal suo vero io.

Il bisogno della maschera come desiderio di omologazione è un chiaro riferimento a Pirandello, così come la sua disperata ricerca dell’essere che lo trascina in una spirale pericolosa dove l’omologazione di massa schiaccia ogni identità individuale.

Come sosterrà Bruno Bettelheim, il noto psicanalista che nel film interpreta il ruolo di se stesso, “Zelig è un uomo che non ha un sè né una personalità. Egli è letteralmente l’immagine proiettata degli altri, uno specchio che restituisce alle persone la propria immagine” […]

In psichiatria questa Sindrome è stata coniata proprio con il nome del simpatico protagonista (Sindrome di Zelig), per designare personalità adattivamente camaleontiche, capaci di trasformismo identitario.

Ma siamo proprio sicuri che il vissuto di Zelig sia la sintomatologia di una “patologia psichica” piuttosto che una metafora moderna della condizione umana?

Alberto Moravia ne dubiterebbe insieme a me, d’altra parte ha scritto quel capolavoro de “il conformista”.

Ad ogni buon conto il finale del film lascia ben sperare. Zelig incontra una psicoterapeuta che, con fare più curioso che medicalizzante, tenterà di ricomporre la frammentazione identitaria del nostro amato Zelig.

Tanto amato nella misura in cui, in fondo, ci somiglia.